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Non è un paese per vecchi, giornalisti
Madrid, quartiere Hortaleza. Ho appuntamento con Gionata davanti alla redazione di “El Mundo”, quotidiano che - nel suo segmento di mercato - contende la leadership iberica a “El Pais”.
Dopo l’ingresso nel modernissimo edificio che ospita la redazione di “El Mundo” oltre che di “Expansion” e “Marca” - tutte afferenti al gruppo editoriale RCS Mediagroup - rimango spiazzato.
Nessuna traccia di chiome canute: l’età media dei presenti gravita attorno ai 27 anni. T-shirt informali e scarpe da ginnastica sono la regola; una polo Marlboro classic e mocassini, l’eccezione. Inizio a comprendere la sorpresa del mio interlocutore alla mia domanda, qualche ora prima dell’incontro: “Devo vestirmi in modo particolare? Esiste un dress code?”.
La risposta di Gionata, valdostano di stanza nella capitale spagnola, è semplice quanto spiazzante: “Non so come funzioni in Italia, ma qui non ci sono regole stringenti sull’abbigliamento. Solo il direttore (Pedro J. Ramirez, ndr) indossa giacca e cravatta - prosegue - e nemmeno tutti i giorni”. Noto infatti che di traje - come gli spagnoli chiamano il completo elegante - non vi sia nemmeno l’ombra.
Il dato più “sconvolgente”, però, è la presenza di moltissimi giovani seduti alle scrivanie delle più svariate redazioni. La domenica i “senatori” non presenziano in redazione, si potrebbe osservare. Obiezione accolta. Resta comunque un divario di anni luce rispetto al mondo giornalistico dello Stivale, che impone serie riflessioni.
Perchè nel giornalismo italiano le redazioni, più simili a gerontocomi, sono inaccessibili a giovani con il sogno del giornalismo? Perchè non è concessa l’opportunità a reporter in erba di mettersi alla prova - anche senza alcun tipo di retribuzione - in scenari professionali? Senza la minima possibilità di mettere in mostra le proprie competenze, ci si sente rispondere da più parti nell’ambiente giornalistico “A 25 anni si è troppo giovani per scrivere”. A 29-30 anni, però, si sarà “poco idonei per motivi di età”: la trappola è senza scampo.
“In Spagna è diverso”, mi spiega Gionata. “Dopo un anno di master in giornalismo a Madrid sono stato subito inserito nella redazione esteri, sezione Latinoamerica. Dopo poche settimane avevo già firmato il mio pezzo sulle pagine di ‘El Mundo’. Qui si scommette di più sui giovani”.
In Italia, uno scenario analogo appare più che utopico. I master nostrani, nonostante le altisonanti dichiarazioni per reclutare iscritti, di rado garantiscono una collaborazione di qualche tipo nell’orbita della comunicazione.
Il mondo giornalistico, e del lavoro in generale, è troppo “protettivo” verso i giovani. Occorrerebbe dare più chance, seguendo il modello spagnolo, a giovani disposti a innumerevoli sacrifici pur di apprendere il mestiere sul campo. Scommettere sulle nuove leve del giornalismo per tirarsi fuori dal torpore in cui versa il mondo editoriale.
Urge un cambio di rotta, magari puntando i radar verso Madrid.
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